Uno dei regali contenuti nella legge di bilancio approvata di corsa a fine anno riguarda un gran numero di professionisti e di piccole imprese: l’esenzione dall’Imposta Regionale sulle Attività Produttive (IRAP) a partire dal 2022.
L’imposta regionale è ormai sostanzialmente un’addizionale del 3,9% sull’IRPEF o sull’IRES, in quanto dopo varie modifiche la sua base imponibile è andata sempre più avvicinandosi a quella dell’imposta statale sul reddito.
Dopo non poche vicissitudini e sentenze, erano già stati esonerati i piccoli professionisti (a grandi linee: quelli senza dipendenti e con pochi beni strumentali), ma non i piccoli imprenditori.
Erano poi esenti da IRAP tutti i contribuenti (professionisti o imprese) in regime forfettario, per i quali nulla cambia.
La nuova norma invece estende l’esonero a TUTTI gli imprenditori individuali e ai professionisti, indipendentemente dal loro volume d’affari, dalla presenza e dal numero di dipendenti, dalla presenza e quantità di beni strumentali.
E’ una grande novità, che coinvolge oltre 800mila contribuenti con partita IVA individuale.
Restano però fuori dall’esonero le società (grandi o piccole che siano) e gli studi professionali associati. Soprattutto per i professionisti, questa esclusione comporterà una pesante discriminazione fra chi svolge l’attività in forma solitaria e chi invece si è associato ad altri colleghi.
Pagare o non pagare il 4% circa del proprio reddito diventa una scelta immediata per molti medici, avvocati, commercialisti, notai, architetti, geometri e consulenti di ogni tipo, che negli anni passati hanno scelto di svolgere la professione sotto forma di associazione professionale, con un’unica partita IVA comune. Non pochi di loro stanno pensando di sciogliere quegli studi associati, mantenendo altre forme di collaborazione con gli attuali “colleghi”, anche se il cambiamento avrà tutta una serie di implicazioni e complicazioni (es. cambiano la partita IVA, il conto bancario, il domicilio fiscale) da valutare e soppesare con attenzione.
Il paradosso è che l’esonero andrà a penalizzare proprio l’integrazione che da più parti in questi anni è stata ed è sollecitata e incoraggiata, per modernizzare le attività professionali migliorandone efficienza ed economicità.
Una precisa scelta politica (anche se in controtendenza) oppure un semplice (e purtroppo frequente) caso di eterogenesi dei fini?