L’incremento del numero di Ispettori del Lavoro è certamente una buona notizia (la trovate qui su Il Sole 24 ore), se è vero che per tutelare chi lavora in modo regolare ed onesto e seguendo corretti criteri di sicurezza sul lavoro, occorre che vengano incrementati i controlli e si aumenti la statistica delle verifiche, finora sempre a vantaggio di chi ha numericamente buone speranze di farla franca sia in termini di lavoro nero che di ridotta o nulla applicazione della normativa sulla sicurezza.

La buona notizia va però vagliata sulla base dei numeri richiamati nell’articolo del Sole 24Ore, laddove è palese che l’incremento numerico degli Ispettori non può evidentemente essere accompagnato da una immediata capacità operativa sia per la necessaria formazione da somministrare, sia per l’impossibilità materiale di realizzare regolari affiancamenti sul campo da parte di Ispettori anziani che peraltro stanno rapidamente arrivando a fine carriera. Le nuove leve pertanto avranno bisogno di tempo, per accumulare la necessaria esperienza operativa ed affrontare in modo positivo le molte situazioni complesse che si potranno venire a generare.

Altro punto controverso, indicato in altre pubblicazioni precedenti della stampa nazionale, è il dubbio presente all’interno delle stesse istituzioni pubbliche dedicate alle verifiche e riguardante l’accorpamento di funzioni che in precedenza erano proprie di differenti figure ispettive, soprattutto là dove l’Ispettore del Lavoro verifica la corretta applicazione della normativa sulla sicurezza in luoghi a rischio specifico – si pensi ai cantieri, ma anche al settore agricolo, tanto per fare degli esempi – che erano prima appannaggio degli ispettori dei vari SPRESAL territoriali i quali si basavano su lunghe ed articolate esperienze accumulate in anni di ispezioni sul territorio, a loro ormai ben noto.

Per non parlare poi del contrasto al lavoro nero, una piaga eternamente presente nel nostro sistema produttivo, che lascia una serie di dubbi e perplessità che sempre si ripropongono quando si leggono certe consolidate statistiche. Al di là del fatto che è evidente a tutti che debbano esserci più controlli sui posti di lavoro così da “mettere pressione” a chi opera borderline o decisamente fuori dal sistema produttivo legalmente corretto, al leggere l’enorme e spropositata cifra di tre milioni e mezzo di lavoratori irregolari, la prima domanda che verrebbe da formulare dovrebbe essere: ma se si riesce a determinare con tanta precisione l’incidenza degli irregolari, è così difficile determinare anche la tipologia delle attività, gli ambiti territoriali, i flussi di denaro per macrocategorie, le acquisizioni di beni strumentali necessari alla realizzazione delle attività sommerse e così via elencando?

Ma soprattutto: con le enormi possibilità generate dall’interazione ed integrazione degli archivi fiscali anche in base alla cancellazione del segreto bancario, è davvero così difficile scovare tre milioni e mezzo di persone in età lavorativa che percepiscano un reddito così basso (se non addirittura nullo) da far generare sospetti sul proprio quotidiano sostentamento piuttosto che sulla proprietà di beni mobili ed immobili non mantenibili se non in presenza di redditi occulti?

Ai nuovi Ispettori pertanto si facciano tanti e sinceri auguri sperando nel loro rapido e positivo apporto, a tutela di tutto il mondo del lavoro che si sobbarca tasse imposte e contributi anche per chi non contribuisce ed approfitta solamente, ma si speri anche in un diverso approccio governativo e degli enti fiscali e contributivi affinché venga fatto un uso adeguato e perseverante dei sofisticati strumenti digitali e dell’enorme complesso di big data a disposizione.