GAS: METTERE IN SICUREZZA GLI IMPIANTI PRIMA ANCORA DELLE BOLLETTE.

Da alcuni mesi stiamo assistendo ad una pazza corsa al rialzo del costo dell’energia, legata a dinamiche geopolitiche, economiche e tecniche di portata mondiale e non certamente solo locale, che stanno assillando molte persone e turbando i sonni di cittadini ed imprenditori, al punto che si sono resi necessari interventi governativi per calmierare – in misura invero non così determinante a livello economico, maggiormente in chiave psicologica e di messaggio politico – il rincaro delle bollette, che sta assumendo contorni e dimensioni realmente preoccupanti.

Molte persone rischiano sul serio di non riuscire a pagare le bollette dell’energia elettrica e del gas, ovvero di non poter utilizzare luce, elettrodomestici, stufe, forni, caldaie. E questo vale anche per le aziende, in molti casi costrette a rincarare i costi del materiale in produzione o addirittura a chiudere perché l’attività non risulta più remunerativa per via del costo improponibile dell’energia utilizzata in fase produttiva. Basti pensare come esempio a quella vetreria di Murano, attiva da decenni, che ha deciso di chiudere definitivamente proprio per quel motivo.

Ma se questi sono problemi seri, problemi gravi, ci sono altre notizie legate all’utilizzo ed alla distribuzione delle fonti energetiche che diventano testimonianza di vere e proprie tragedie.

Mi riferisco in particolare alle fughe di gas ed alle conseguenze devastanti che esse possono arrivare a raggiungere, come tristemente documentato dalle immagini che stanno scorrendo sui nostri schermi e monitor in questi giorni, per via del potentissimo scoppio che a Ravanusa, nell’agrigentino, ha distrutto interamente una palazzina di quattro piani, facendone crollare altre tre ed interessando complessivamente un’area fabbricata di oltre 10.000 metri quadrati, sventrando un intero quartiere con conseguenze gravissime per le persone. Si parla infatti di tre morti, almeno sei dispersi, oltre cento sfollati: un incubo da scene di guerra, una apocalisse calata all’improvviso nella tranquilla vita di una normale cittadina. La causa pare quasi certamente essere una forte fuga di gas dalla conduttura che attraversa il quartiere e che ha saturato zone poste in prossimità delle abitazioni o i piani interrati delle stesse.

Questi però non sono casi isolati, che avvengono sporadicamente. Pur con dimensioni fortunatamente a scala più ridotta, capita sovente di sentir parlare di fughe di gas con conseguenze di elevata gravità per persone e/o abitazioni. Solo per restare ad eventi recenti, un mese fa circa è crollata una villetta a Caserta causando un morto ed un ferito grave. E nemmeno si può pensare ad eventi legati a specifiche zone del nostro Paese o a tipologie costruttive particolari, perché gli eventi recenti che hanno riguardato la nostra città e la provincia, dichiarano che tali situazioni si possono generare in qualunque momento ed in qualunque luogo.

Basti pensare infatti all’esplosione avvenuta circa un mese fa per una fuga di gas in una palazzina a due piani di Luserna San Giovanni, con due ustionati gravi; allo sventramento dell’ultimo piano di una palazzina a Pinerolo, avvenuto a fine ottobre conducendo all’evacuazione di tutti gli occupanti, a causa pare di difetti di esecuzione dell’impianto gas o del montaggio di una cucina (lo diranno gli inquirenti); al crollo parziale di due abitazioni di Strada del Bramafame a Torino, a fine agosto, con diversi feriti e la tragica morte di un bambino, a causa dello scoppio di una bombola di gas.

Per non parlare di eventi pericolosi non conclusisi in tragedia solo per eventi fortuiti o fortunati, o perché si è avuto sentore di perdite di gas e si è fatto in tempo ad avvisare i Vigili del Fuoco, come avvenuto ad inizio novembre vicino ad un asilo di Collegno o a fine ottobre in Via Mercadante a Torino per una fuga di gas dalla conduttura passante nella via. Quelli che in termini di sicurezza vengono solitamente definiti near-miss o “quasi infortuni” e diventano eventi da studiare attentamente per migliorare la prevenzione degli eventi dannosi e la protezione di luoghi e persone.

A quali considerazioni conduce questa breve lista di eventi, portati solo ad esempio ma assolutamente  non rappresentativi di tutto ciò che accade in un intero anno su tutto il territorio nazionale?

Innanzitutto, alla ovvia considerazione che evidentemente manca in molti casi una gestione attenta e rigorosa della sicurezza in termini di realizzazione e verifica costante delle infrastrutture di trasporto del gas, in tutte le loro ramificazioni a partire dai grandi gasdotti internazionali e dalle navi gasiere fino alla distribuzione territoriale per arrivare alle singole utenze domestiche o produttive. Costruire non basta, occorre certamente che vi sia una progettazione accurata ed una realizzazione a regola d’arte, ma occorre anche e soprattutto che vi sia un costante controllo, una verifica programmata ed attenta che sia supportata da una manutenzione davvero efficace.

Per le bombole a gas, il discorso è diverso: qui occorre all’origine capire come mai siano necessarie piuttosto che avere ed utilizzare una rete di distribuzione del metano; se vengono utilizzate perché in certe tipologie costruttive in zone specifiche del territorio non vi sono altre possibilità; se sono una scelta obbligata delle fasce più povere della popolazione; se vengono utilizzate scientemente e coscientemente, perché una bombola di gas è sempre una potenziale bomba e va gestita con scrupolosa attenzione.

E poi, per ricondursi a quanto detto all’inizio di questo breve articolo e chiudere così il cerchio, viene certamente da porsi una domanda molto semplice, quasi banale: ma è possibile che con tutti gli spropositati aumenti che interessano la fornitura di gas e che pare siano in vista di ulteriori pesanti incrementi, non vengano effettuati globalmente, continuamente ed assiduamente stringenti controlli ed interventi manutentivi sulle reti di distribuzione? E’ pensabile che tutti gli aumenti vengano spalmati a correggere costi strutturali di fornitura, integrare accise, coprire costi di gestione, generare plusvalenze aziendali e non invece in considerevole parte a sistemare reti e tracciati impiantistici che spesso non sono stati manutenuti da svariati decenni?

E’ giusto, tutto questo? E’ etico? 

E vale per il gas come per tutte le infrastrutture legate all’energia, ma anche alla distribuzione dell’acqua, per ampliare l’esempio. I costi del funzionamento corretto delle reti distributive e della riduzione delle perdite di rete devono già far parte del costo finale all’utente, non si possono richiedere maggiorazioni abnormi di questi costi senza dare anche un adeguato e proporzionato maggior impulso alla gestione ed alla manutenzione delle reti stesse.

Ci si indigna giustamente per tutti i troppi morti sul lavoro e per le carenze della sicurezza nei luoghi di lavoro e nell’organizzazione di molte aziende.

Sarebbe ora di cominciare anche ad indignarsi per le nostre vite quotidiane, per i nostri cari nella normale gestione delle esistenze famigliari, per pretendere di non ritrovarsi smembrati in tanti pezzettini solo per aver acceso il fornello sotto alla caffettiera.