L’incendio nella Torre dei Moro a Milano. Alcune riflessioni sul tema della sicurezza.

Nei giorni scorsi i telegiornali sono stati inondati dalle immagini di un grave incendio che ha coinvolto un grattacielo di 18 piani ubicato nella periferia Sud di Milano, la Torre dei Moro. Il fatto ha destato grande scalpore e preoccupazione, sia perché ha fatto tornare alla memoria il più grave incendio del grattacielo della Grenfell Tower a Londra nel giugno 2017, sia per la velocità nella propagazione dell’incendio, che dalla fase di innesco al passaggio alla facciata ventilata ha reso quest’ultima pari ad una immensa torcia ardente nel giro di meno di dieci minuti.

E per fortuna non si sono contate vittime, ma solo per casualità.

Al di là infatti di atti di responsabilità da parte di alcuni degli occupanti nel preavvisare gli altri condomini, pare – si dovrà vedere se confermato – che alcune aree del fabbricato non siano state adeguatamente servite né dall’impianto di rivelazione ed allarme né dall’impianto idranti. Stiamo parlando di un edificio di poco più di dieci anni di età e realizzato con materiali e finiture non di stampo economico, visto il costo a metro quadrato e la volontà di riqualificazione dell’area alla base dell’intervento costruttivo.

Tralasciando le dinamiche dell’innesco e della successiva propagazione, che non sono esattamente note e saranno oggetto dell’indagine della Magistratura attualmente in corso, l’evento dannoso fa scaturire alcune considerazioni che non dovrebbero essere proprie solamente degli addetti ai lavori, ma anche del cittadino comune che in una casa di un qualche genere con problematiche similari finisce spesso per viverci, al di là della tipologia e del maggiore o minore lusso nei materiali e nelle tecniche costruttive utilizzate. Sono molti infatti i condomini multipiano che necessitano di un impianto antincendio a norma, essendo di altezza elevata, e che potrebbero incorrere in principi di incendio.

1. La prima considerazione è la necessità di progettare edifici che siano massimamente garantisti nei riguardi degli eventi negativi, uno dei quali è rappresentato proprio dall’incendio. Questo significa non solo realizzare progetti ed utilizzare tecniche e materiali imposti dalla normativa vigente, ma anche guardare con spirito critico alla costruzione già realizzata quando eventi disastrosi possano aver interessato edifici di analoga tipologia. Penso appunto alla Grenfell Tower di Londra: qualcuno dei gestori, amministratori, costruttori, progettisti di edifici ad altezza elevata e tipologia similare si è preoccupato dopo l’incendio del 2017 di guardare con occhi nuovi il fabbricato costruito con tutti i crismi normativi, ma comunque suscettibile di problematiche ad alto rischio alla luce di quanto accaduto altrove?

2. La seconda considerazione è di più ampio respiro e riguarda un ambito che non incide solo sull’antincendio ma su tutti i settori e comparti dei luoghi abitati, qualunque ne siano le loro tipologie, destinazioni e caratteristiche d’uso: la manutenzione nel tempo. Non serve a nulla costruire bene, secondo le normative, anche con visioni futuriste ed innovative a livello di progetto e di materiali, se poi nel tempo non si effettuano costanti e corrette manutenzioni dei materiali e soprattutto degli impianti.

In tutti i settori esiste questa specifica necessità, solo che mentre in ambito commerciale/industriale si tratta di una necessità insita nella natura dell’attività e ad essa commista, negli edifici residenziali di civile abitazione è spesso percepita come una perdita di tempo e di denaro non sempre così strettamente necessaria, perché manca una conoscenza collettiva della funzione essenziale della manutenzione e in alcuni casi manca la coscienza professionale nell’eseguirla. La manutenzione ben fatta – e senza andare a cercare tanti altri esempi lontani nel tempo e nello spazio, basta citare il caso del Ponte Morandi a Genova – è essenziale per la corretta funzionalità di un edificio e per garantirne il completo ciclo di vita. Bisogna sperare che non servano altre tragedie (questa volta per fortuna solo sfiorata a livello di vite perdute, comunque gravissima per chi ha perso la casa e tutti i propri beni) per far passare questo messaggio e richiamare tutti ad una maggior attenzione e responsabilità.

3. Una considerazione economica di interesse nazionale potrebbe essere la seguente: e se invece di privilegiare solo superbonus e attività varie di stampo edificatorio, si proponessero sgravi fiscali per qualunque genere di attività manutentiva riguardante gli edifici ed i loro impianti? Credo che proporre uno sgravio al 50% in cinque anni, magari con possibilità di cessione del credito, per tutte le tipologie di manutenzione, avrebbe un impatto molto positivo sulla generazione di lavori – e quindi di base imponibile – e renderebbe accessibile la manutenzione anche a tutti quei proprietari privati e condomini che vivono condizioni di più o meno marcato disagio economico post crisi e post pandemia, invogliandoli a far realizzare interventi che in altra maniera non vorrebbero o potrebbero effettuare. Se davvero si parla di riqualificazione dell’edificato con azzeramento del consumo di suolo per le costruzioni, questa potrebbe essere effettivamente una leva di interesse globale per la popolazione, con un rilevante impatto sull’economia nazionale.

Nota: un’ultima considerazione sarebbe da fare sull’informazione fornita dai mass media. Forse sarebbe meglio verificare le caratteristiche dei materiali, prima di lanciare proclami contro alcuni di essi, per poi dover vergognosamente ritrattare in successivi servizi… mi riferisco all’alucobond, citato erroneamente in prima battuta come costituente il materiale di rivestimento della facciata della Torre dei Moro. Sarebbe bastato andare a leggerne la composizione, prima di sentenziarne la responsabilità. Altrimenti a Milano ci sono ben altri grattacieli che dovrebbero dare grattacapi da insonnia sia ai loro proprietari che agli occupanti…

Paolo Mercuri, architettospecializzato nei temi relativi alla sicurezza