E’ possibile pensare di poter paragonare le caratteristiche dei broccoli rispetto a quelle delle patate, nel caso si dovesse deciderne l’acquisto? Evidentemente no, e questo è ovvio per qualunque massaia come per qualsiasi persona di buon senso.

Allora perché, quando si tratta di comparare preventivi che riguardano interventi su opere edilizie di ristrutturazione, siano esse di lieve come di elevata entità, si finisce spesso proprio per comparare i broccoli alle patate? Dove sono finiti, in quei casi, il buon senso e la capacità analitica?

Provo a spiegarmi meglio.

Capita sovente, nella vita professionale, di imbattersi in situazioni al limite dell’increscioso quando non direttamente sfocianti nel contenzioso legale, determinate da diatribe e contrasti di natura economica o legate alla modalità esecutiva delle opere che partono proprio da una errata e pessima abitudine di comparazione di preventivi di opere edili che nella realtà non sono affatto comparabili tra loro.

È invalsa infatti l’usanza di buona parte dei possibili Committenti di chiamare imprese e impresine, artigiani e piccole realtà individuali a valutare le opere da effettuarsi, fornendo sul posto una serie di indicazioni, spesso confuse e quasi sempre non accompagnate da elementi tecnici di supporto, cosicché i desiderata dell’utente pervengono all’operatore sulla base di ciò che quest’ultimo è riuscito a comprendere, con tutti i limiti del caso.

Ecco quindi arrivare alla formulazione di preventivi più o meno descrittivi, più o meno dettagliati, più o meno completi, più o meno “centrati” sulle effettive esigenze del possibile cliente e sulla realtà oggettiva dei luoghi.

Dopo di che, il futuro Committente di questi lavori alquanto nebulosi procede alla faticosa comparazione dei preventivi ricevuti. Faticosa quando i preventivi sono comprensibili e molto puntuali nelle descrizioni, molto meno faticosa quando in tre voci operative risolvono tutto (tranne riportarne trenta per le modalità di pagamento …). Meno faticosa comunque, in generale, per via della classica modalità di svolgimento della comparazione da parte di un utente medio: il confronto tra i valori espressi nel totale richiesto per l’esecuzione delle opere. Ovvero: insomma, quanto mi costa uno rispetto all’altro?

Questa è quella che chiamo comunemente “La teoria dell’ultima riga”: guardare quanto fa in tutto, infischiandosene delle tre righe o cinque pagine che precedono il conteggio finale. Comparare i costi senza aver capito esattamente a cosa si riferiscono. Broccoli con patate. 

Poi, quasi immancabilmente, il Committente sceglie quello che costa meno.  Credo siano evidenti i rischi che si corrono operando in tal maniera:

innanzitutto, ritrovarsi con dei lavori che solo in parte rispecchiano le volontà e le richieste della proprietà Committente, o che vengono eseguiti con materiali e modalità esecutive non consone con ciò che il richiedente si sarebbe atteso; la forte probabilità che poca chiarezza conduca, in corso d’opera, alla determinazione di varianti, aggiunte, modifiche, rifacimenti tali da stravolgere in parte o in toto l’opera per come realizzata rispetto a quella ipotizzata, e facilmente a stravolgerne il costo finale, che spesso non sarà più nemmeno un lontano parente di quello dell’ultima riga prescelta in sede di valutazione dei preventivi; la seria possibilità di finire in un contenzioso legale di difficile condotta e a volte determinante, proprio per la mancanza di chiarezza nella documentazione e nella preventivazione iniziale, contenziosi legali risolti spesso con ATP (Accertamenti Tecnici Preventivi) magari definiti con accordi stragiudiziali, o con vere e proprie cause.

Ha senso far predisporre dei preventivi senza una serie di indicazioni che siano univoche e fisse, predeterminate e precise, basate su misure non opinabili e uguali per tutti? Se la risposta appare semplice per tutti, qualcuno riesce a spiegare allora perché questa modalità continua ad essere utilizzata per una notevole quota dei lavori di ristrutturazione, con particolare riferimento alle ristrutturazioni di singole unità immobiliari residenziali così come di parti comuni condominiali?

Per avere preventivi realmente aderenti alle specifiche dei lavori da effettuarsi, e giungere pertanto ad un prezzo finale che abbia una valenza effettiva in sede di comparazione con altri preventivi, è necessario che a tutti i soggetti operativi chiamati a concorrere con una propria valutazione economica siano fornite indicazioni e dati chiari ed univoci, non equivocabili o interpretabili.

In sostanza, si devono fornire misure certe e un numero definito e ben precisato di attività richieste; ovvero, quello che si chiama tecnicamente un “capitolato delle opere con computo metrico”. Si tratta di elencare voce per voce l’intero insieme dei lavori che si intende vengano realizzati e di definire per ciascuna voce, ove presenti, le quantità dimensionali che interessano quella singola voce. Solo allora si potrà presumere di ricevere preventivi che siano realmente comparabili (anche se la “fantasia creativa” di qualche impresa o artigiano è in grado di creare comunque problemi di valutazione comparativa…). Solo allora si potrà comprendere se davvero il prezzo minore possa essere il parametro di valutazione adeguato per la scelta dell’esecutore, o se non convenga leggere meglio tra le righe e tra le singole voci per capire qualcosa di più sul “come” verrebbero eseguiti i lavori e non solo sul “quanto” finirebbero per costare.

Questa modalità di esecuzione è a tutela del Committente, ma va chiaramente indicato che ben difficilmente un Committente non esperto può essere in grado di “comporre” un corretto ed adeguato elenco di voci di capitolato da sottoporre alle imprese, così come tutte le informazioni metriche e tecniche che accompagnano dette voci.

Il “fai da te” in materia è sempre abbastanza fuorviante e fonte di ulteriori difficoltà a posteriori; sembra abbastanza banale dirlo, anche se la realtà dichiara che non lo è, ma il consiglio da dare è sempre lo stesso: rivolgersi ad un professionista che raccolga le istanze della Committenza, le trasformi in elaborati tecnici e voci di capitolato accompagnate da indicazioni precise e non ambigue e sottoporre poi questa documentazione alle imprese chiamate a redigere i preventivi tra cui scegliere. Per la scelta affidarsi magari alla consulenza dello stesso professionista, e non alla valutazione secondo la teoria dell’ultima riga.

Un’ultima considerazione: fornire un capitolato e un computo precisi alle imprese significa agevolare il loro compito e rendere più onesta, democratica e realmente concorrenziale la competizione tra loro per aggiudicarsi l’incarico di esecuzione delle opere.

Fornire indicazioni generiche e non supportate da documenti inappuntabili vuol dire invece far perdere molto tempo a imprese preparate che predispongono i propri preventivi solo dopo attento esame delle situazioni oggettive, della realtà cantierizzabile, delle misure estrapolate magari attraverso più sopralluoghi, dedicando a questo elevate tempistiche e risorse; a fonte magari di altre imprese meno preparate e più superficiali che tutto questo lavoro proprio non lo svolgono. Il risultato spesso conduce  a quelle cinque pagine di preventivo delle imprese attente rispetto alle tre righe del preventivo delle imprese più spregiudicate (o forse solo meno preparate), e le cifre finali indicate saranno ovviamente susseguenti a quello che le avrà precedute.

La conseguenza è che molte persone si interrogano troppo tardi perchè gli stessi lavori fatti preventivare a ditte differenti avessero una varianza magari compresa tra il 20 e il 60%.

Ricordatevi della “teoria dell’ultima riga”, le prossime volte che dovrete valutare dei preventivi.

Paolo Mercuri, architetto del network Resolvo